La percentuale di popolazione anziana rispetto alla totalità è in crescita, grazie al miglioramento nello stile di vita e all’accesso semplificato alle cure mediche. Diventa quindi più incidente e centrale il problema delle malattie neurodegenerative legate all’età; e strategico il contrasto ai sintomi di queste.
Acquistano di importanza, nelle richieste da parte dei parenti e dei caregiver, le terapie non farmacologiche. Parliamo ovviamente di quelle che sono comunque basate su approcci teorici fondati e in grado di restituire benefici quantificabili e rilevanti, sfruttando la riserva cognitiva per stimolare le funzioni non completamente danneggiate e rallentare quanto più possibile la degenerazione, in quella che potremmo definire una sorta di fisioterapia mentale.
Con riserva cognitiva si intendono le capacità del cervello di affrontare i cambiamenti dati dal danno e dall’età con una compensazione, trovando modi alternativi per eseguire una task. Risulta noto che questa riserva cognitiva è determinata dalle esperienze acquisite nel corso della vita. Esercizio fisico ricorrente, alimentazione corretta e attenzione ai ritmi del sonno, e una buona rete sociale sono fattori che concorrono positivamente a costruire una buona riserva cognitiva.
Gli studi relativi alla riserva cognitiva indicano che non c’è relazione diretta tra l’entità del danno celebrale e la gravità dei sintomi manifestati, e che quindi tra due pazienti con stessa diagnosi quello con maggior riserva cognitiva sarà in grado di tollerare più a lungo una lesione più grave prima si evidenzino segni di compromissione celebrale. Da questi studi si apprezza la necessità di incrementare la riserva cognitiva, tenendola in costante allenamento.
Nonostante la progressiva degenerazione celebrale tipica delle demenze, questi studi dimostrano i benefici dei cicli di trattamento eseguiti con costanza nel tempo (anche in un solo anno). Risulta impraticabile, certamente, recuperare le funzioni ormai perse, ma si può notevolmente rallentare la perdita delle abilità non ancora intaccate dalla malattia. Certamente la stimolazione dovrà continuare anche con la progressione e l’aggravarsi dei sintomi, scalando la difficoltà degli esercizi e delle stimolazioni abbassandone la difficoltà.
La stimolazione cognitiva coinvolge il paziente in compiti perlopiù legati alla quotidianità, sempre al fine di stimolare genericamente l’attività mentale. Come detto il fine è quello di rallentare la progressione della malattia tramite esercizi specifici e tramite compensazione tramite metodi e ausili.
Una terapia impiegata è quella della reminiscenza, largamente utilizzata anche per via della naturale tendenza di rievocare memorie autobiografiche, tipica dell’anziano. In questa terapia si rende l’anziano cosciente del processo, invitandolo a condividere le memorie positive e legate a esperienze piacevoli, in un esercizio di prevenzione contro la disintegrazione della personalità e della memoria. Questo tipo di esercizi inoltre terrà ricchi e vivi i ricordi e potrà facilitare gli aspetti relazionali.
Un’altra tecnica impiegata è detta terapia di orientamento alla realtà, e ha lo scopo di consolidare nel paziente la percezione di sé stesso rispetto alla propria storia e all’ambiente che vive. Questa ha anche lo scopo di contrastare e modificare dei comportamenti disfunzionali, di migliorare l’autostima e ridurre la tendenza all’isolamento. Gli esercizi si avvalgono di stimolazioni verbali, visive, scritte e musicali, e possono essere formali o informali (se prestati dal caregiver) con lo scopo di rafforzare indicatori di orientamento con riferimenti sia spaziali che temporali, ma anche con lo scopo di rafforzare la memoria.